A volte succede per caso, altre volte ci si arriva per gradi o dopo anni di allenamenti su distanze inferiori. Il richiamo della maratona però prima o poi si fa vivo in tanti di noi, non necessariamente sportivi, non necessariamente allenati, e spesso neanche sufficientemente “coscienti” di quello che comporta correre per 42 km.
Altre tipologie di competizioni hanno poi “surclassato” la maratona come prova massima, come dimostrazione di forza e volontà di cui ad un certo punto la nostra vita sembra aver bisogno (vedi l’ironman..); non per questo bisogna banalizzare una prova così dura e massimale, che sicuramente può rivelarsi una tappa eccezionale nella vita di sportivi e non.
Al di la di ogni legittima motivazione personale, e come tale scevra da ogni tipo di giudizio, resta il fatto che i km sono 42, e 42 rimangono, indipendentemente da voglia, motivazione, autostima ecc.
Se per i runner navigati può trattarsi “solo” di trovare motivazioni, tempo e voglia di stravolgere il normale iter dei propri allenamenti (…il “solo” era naturalmente un eufemismo…), per il neofita o il runner domenicale il discorso è molto più complesso.
La maratona infatti, oltre a richiedere un grande adattamento neuromuscolare e una preparazione mirata all’evento, necessita anche di un meno evidente adattamento strutturale e metabolico. Mi spiego meglio: un conto è preparare una maratona con un fisico capace di metabolizzare gli acidi grassi (combustibile delle lunghe distanze), con una struttura muscolare portata negli anni verso una tipologia di lavoro aerobica e con tendini adattati alle sollecitazioni eccentriche traumatizzanti che la corsa comporta, un conto è, in mancanza di tutto questo, cominciare a seguire tabelle impegnative solo mossi dall’entusiasmo e dall’obiettivo, con il reale rischio di farsi male, anche seriamente.
Certamente sulla scala delle probabilità di successo o insuccesso, un ruolo fondamentale e determinante è rappresentato dal talento e dalle caratteristiche individuali. Se essere veloci, resistenti e reattivi per alcuni può essere un dono, per altri può essere un vero miraggio; ma per entrambi i primi 42 km richiedono tempo, dedizione e pazienza; quindi demandare i propri successi alla statistica e alla “presunzione di talento” può rivelarsi talvolta una scelta davvero sciagurata.
Il “preambolo allarmistico”, rubando un temine legale era un “atto dovuto”. Giusto sapere che è possibile incorrere in tendiniti, contratture, ed infortuni vari; vero è anche però che correre è una cosa bella, bellissima, e che se dal punto di vista medico non ci sono controindicazioni e il vostro medico dello sport oltre a darvi l’idoneità sportiva vi da anche la sua benedizione, l’avventura può davvero cominciare.
Ma allora…come si deve preparare la prima maratona?
- GLI STRUMENTI
Il primo consiglio è sicuramente relativo agli strumenti che necessitano per partire; quella vera e propria libidine commerciale che ci appare quando entriamo in un negozio di articoli sportivi: scarpe, completini, occhiali, camel bag, zainetti, orologi atomici, creme e cremine, integratori, mp3, cappellini…; tutto questo, come le motivazioni che ci hanno portato fino a li è libero, personale e sempre scevro da giudizio; sappiate però che per correre servono solo delle buone scarpe (e qui la professionalità del venditore è fondamentale nel determinare quali siano quelle più vicine alle vostre esigenze posturali) e un cardiofrequenzimetro con gps.
- LA VALUTAZIONE INIZIALE
Fotografare la condizione iniziale è importante per definire tappe ed intensità dell’allenamento. Test del VO2 o test del lattato sono sicuramente gli strumenti più precisi che si hanno a disposizione e offrono al tecnico che vi segue tutte le informazioni di cui ha bisogno per compilare il programma di lavoro più congruo alle vostre caratteristiche. In alternativa a questi test da laboratorio un classico test Conconi su campo è comunque sufficiente ad avere informazioni utili soprattutto se l’atleta è alle prime armi o con poca esperienza, a patto che sia in grado di impostare il proprio gps per eseguire il test in autonomia.
- LA PIANIFICAZIONE
Una volta eseguiti i test ed in possesso di tutti gli strumenti necessari, si passa alla pianificazione degli allenamenti. A questo punto l’atleta che ha nel mirino la finish line dei 42k ha la possibilità di scegliere tra diverse strade per la programmazione dei suoi allenamenti; escludendo a priori che la scelta possa essere “uscire a correre quando si riesce cercando di correre sempre un pochino di più”…la prima è quella di scaricare da internet (o da un libro sull’allenamento o da una rivista specializzata) una tabella di allenamento in funzione del tempo e dei giorni che si hanno a disposizione e di cominciare a seguirla passo passo. La seconda è quella di seguire i preziosi consigli di amici e conoscenti con più esperienza. Ed infine la terza è quella di affidarsi alla professionalità di un preparatore atletico. Essendo chi vi scrive un preparatore atletico, ed avendo pensato alla scrittura di questo articolo per dare una linea guida reale a chi decide di intraprendere questa meravigliosa esperienza, sarebbe irrispettoso da parte mia concentrarmi sulla terza possibilità senza spiegarvene i motivi. Partiamo ad analizzare le “tabelle” acquisite via web o per altri canali: senza giudicarne tecnicamente i contenuti (ognuna segue teorie differenti a secondo dell’orientamento tecnico di chi l’ha fatta), queste tabelle sono contenitori di dettami assolutamente universali; ma noi non siamo universali, siamo unici. Ed è molto probabile che quello che va bene per un atleta non vada bene per un altro e viceversa. All’interno di questa unicità si nasconde quasi sempre il successo. Queste tabelle non sanno chi siete; vi dicono semplicemente cosa fare…ma non è abbastanza, soprattutto quando si sta creando un adattamento con così tante variabili di rischio. Le tabelle che trovate non sono ne giuste ne sbagliate, ma possono diventarlo in base alle vostre caratteristiche! Per quanto riguarda invece i consigli degli altri, ammesso che siano tutti runner di esperienza, bisogna sempre considerare una cosa molto importante: l’atleta inesorabilmente tenderà a riproporvi la “sua” unicità, le sue esperienze e il suo modo di lavorare. Come nel caso precedente è possibile quindi che un metodo positivo e costruttivo per una persona, possa rivelarsi troppo intenso o troppo poco allenante per un’altra.
- I LUNGHI
Per preparare una maratona bisogna inserire allenamenti lunghi. Potrebbe sembrare ovvio, ma non lo è. Molti programmi danno molto più credito a lavori di tipo qualitativo, fondamentali sicuramente per runner di una certa esperienza o con pretese di migliorare il proprio personale. Per chi è alle prime armi con queste distanze è bene ricordare che la maratona comincia dopo i 30 k. Non avere mai provato tali distanze in allenamento significa non avere mai messo davvero alla prova il proprio corpo quando le scorte di glicogeno muscolare ed epatico sono ormai al lumino ed il nostro sistema metabolico e neuromuscolare comincia ad essere fortemente affaticato. Gli allenamenti lunghi, giustamente programmati, sono fondamentali sia come adattamento sistemico, sia come modo per testare il ritmo al quale si avrà intenzione di correre la gara, sia come vere e proprie prove generali che comprendono il modo di alimentarsi prima e durante, l’abbigliamento, ed in generale tutte le variabili che si potranno incontrare il giorno della gara.
- IL RIPOSO
Il riposo è parte integrante dell’allenamento; un fisico riposato è un fisico che ha “supercompensato” l’allenamento precedente, ha risintetizzato le scorte di glicogeno, ha disinfiammato le proprie strutture muscolo tendinee, ha smaltito i metaboliti di scarto e ha dato un messaggio positivo alla mente. In assenza di un adeguato riposo, il corpo rischia di affaticarsi troppo, di non migliorare, di essere costantemente stanco e “vuoto”, andando pericolosamente in direzione del sovrallenamento. Tante volte le nostre motivazioni ed i nostri obiettivi giocano un ruolo controproducente in questo; ci spingono anche controvoglia e in presenza di una oggettiva difficoltà psicofisica ad allenarci lo stesso, creando danni molto più gravi di quelli che provocherebbe una pausa nel programma di allenamento. Imparare ad ascoltarsi sarà di vitale importanza per mantenere l’ integrità del nostro corpo e per non perdere il piacere di correre.
- L’ALIMENTAZIONE
Fondamentale per un corretto allenamento e per una gara al top, l’alimentazione rappresenta il veicolo energetico e ricostruttivo per il nostro corpo. Se da una parte infatti provvede a ricaricare le nostre scorte di glicogeno e di acidi grassi, combustibili insostituibili per le nostre attività, dall’altra è fondamentale per rigenerare la nostra muscolatura dopo gli allenamenti. Anche in questo caso avvalersi di un professionista della nutrizione ci faciliterebbe non poco il compito, essendo sicuri di dare al nostro corpo tutto ciò di cui ha bisogno nelle dosi corrette. Essendo un argomento molto vasto ci ritorneremo sicuramente in un’altra occasione, dove cercheremo di approfondire anche altri argomenti fondamentali come stretching, massaggi ed integrazione. Per il momento vi saluto! #wlosport
Giuliano Conconi
Laureato in Scienze Motorie – Tecnico Federale Fitri
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